Intanto prosegue l’iter di modifica: buoni solo per famiglie e imprese senza dipendenti
Il referendum sui voucher ha una data: il Consiglio dei Ministri ha fissato per il prossimo 28 maggio le consultazioni sui buoni lavoro e sugli appalti, proposti dalla Cgil. L’appuntamento del 28 maggio prossimo sui voucher sarà il 73/o referendum nella storia della Repubblica.
Intanto, prosegue l’iter dell’intervento di riforma sui voucher – che potrebbe rendere superfluo il referendum – con l’esame del testo unificato in commissione alla Camera. L’esame del provvedimento di modifica del lavoro accessorio dovrebbe entrare nel vivo già da domani e riguardo alla tempistica di approvazione del disegno di legge rispetto alla data del 28 maggio.
Tra le novità previste, la restrizione dell’uso dei buoni alle sole famiglie e alle imprese senza dipendenti. Quest’ultime pagheranno i voucher 15 euro – contro i 10 delle famiglie – e potranno utilizzarli solo per determinate categorie di lavoratori (disoccupati, pensionati, studenti under 25, disabili, soggetti in comunità di recupero e lavoratori stranieri provenienti da paesi extra Ue con permesso di soggiorno e disoccupati da oltre 6 mesi)ed entro un tetto di 3.000 euro l’anno: chi violerà i limiti sarà costretto ad assumere a tempo indeterminato il personale pagato con i buoni. Si riduce anche il tetto in capo al percettore di buoni lavoro, il quale in un anno non potrà guadagnare con questo strumento più di 5.000 euro da diversi committenti e più di 2.000 da un singolo datore di lavoro.
Un intervento che Confesercenti ritiene dannoso. I mini Jobs – scrive l’associazione continueranno ad esistere, sarà necessario un nuovo strumento per regolamentare i lavori occasionali. L’ipotesi di restringere l’uso dei buoni lavoro alle sole attività senza dipendenti vorrebbe dire, di fatto, precluderne l’accesso al 40% delle imprese. Con chiare conseguenze negative, in particolare sulle realtà imprenditoriali meno strutturate, che hanno maggiori difficoltà a gestire il lavoro non programmabile. Ma danneggerà anche i tanti italiani che, messi in difficoltà dalla crisi, in questi anni hanno ottenuto grazie ai voucher un’indispensabile integrazione di reddito.
I mini jobs, cui i buoni lavoro sono rivolti, sono ormai una realtà della società e del mercato del lavoro di oggi. Un mercato più flessibile del passato ma anche più instabile, visto che quasi la metà delle imprese dura meno di quattro anni. Anche senza voucher, i lavori occasionali continueranno dunque ad esistere: sarà pertanto necessario creare un altro strumento per regolamentare tutte quelle prestazioni occasionali che nelle imprese non possono essere inquadrate in rapporti di lavoro tradizionale. Soprattutto in quei settori – come il turismo, il marketing e l’organizzazione eventi – che si trovano spesso a dover fronteggiare aumenti imprevedibili ma momentanei dell’attività.
Per questo serve una riforma che tenga conto dei reali bisogni delle imprese, senza dimenticare i passi che sono già stati compiuti per migliorare lo strumento: l’introduzione della tracciabilità ha già fortemente circoscritto l’uso dei buoni lavoro, come certificano i dati della stessa Inps. Dati che dimostrano anche l’occasionalità del loro impiego: in media, i lavoratori pagati con questo strumento hanno guadagnato 600 euro lordi all’anno a testa. Somme ben lontane dalle remunerazioni percepibili attraverso un lavoro continuativo, e che infatti sono state percepite per il 63% da persone con un’altra fonte di reddito, da lavoro autonomo, dipendente o anche da pensione, in cerca di un’integrazione. Il restante 37% è costituito soprattutto da studenti o da persone inattive o non occupate che colgono occasioni di guadagno. Ci sfugge come toglier loro questa possibilità possa essere un fatto positivo, soprattutto in un Paese caratterizzato da livelli di disoccupazione e povertà preoccupanti come il nostro.
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